Crowdsourcing

Mercoledì sono stato a un’interessante conferenza con a tema il crowdsourcing all’iulm (tagliando la testa al toro tra dibattito tra lo iulm e la iulm :)), tenuta da Andrea Genovese di 7th floor.

A discutere intorno ad un affollato tavolo c’erano Marco Lombardi (Young & Rubicam), Paolo Iabichino (Ogilvy), Mirko Lalli (Fondazione Sistema Toscana), Giovanna Manzi (Bestwestern Italia), Alessandro Cappellotto (Zooppa) e con diversi interventi da parte di Bootb, Zanox, Microsoft ed altri volti noti nasconti tra la folla.

L’argomento principale: esperienze di crowdsourcing. Il Master in Tourism Management de l’IULM ha raccontato la storia del proprio logo realizzato grazie a bootb, e le altre aziende presenti hanno raccontato la loro. Ne sono emerse delle interessanti osservazioni sul fenomeno.

Intanto per inquadrare il fenomeno pensiamo al crowdsourcing come una piattaforma che aggrega da una parte le aziende, con i loro bisogni di comunicazione e dall’altra i creativi, pronti a soddisfarle. Un brand del caso pubblica un brief, con l’aiuto del gestore della piattaforma (bootb, zooppa, crowdspring o altri ancora) e i creativi pubblicano più o meno pubblicamente le proprie proposte (loghi, video, idee per campagne, layout…). La piattaforma si fa in qualche modo garante che le idee non vengano prese indebitamente e fa in modo che il vincitore riceva il premio pattuito (tenendosi una parte per il disturbo).

Crowdsourcing non vuol dire solo questo: tutti i software open source nascono dalla partecipazione condivisa e per lo più a titolo gratuito dei membri delle varie community (linux, wordpress, drupal…), i video caricati su youtube, le recensioni ai film da parte della gente, le previsioni collettive e altri fenomeni ancora rientrano all’interno del crowdsourcing e della wikinomics.

Al convegno Paolo di Ogilvy dichiara che per lui tutti questi marketplace di creativi sono dove va a cercare le persone con cui lavorare. Non è quindi del tutto vero, come evidenziava un partecipante dal pubblico, che queste piattaforme di fatto schiavizzano una parte di creativi che è vittima di questo mercato del prezzo più basso. Ci sono delle occasioni in cui queste persone che partecipano non ambiscono solo al premio, ma anche a farsi vedere, a confrontarsi se non con altri, con se stessi, come dichiara il vincitore del concorso per il logo del master in turismo dello iulm. Lui infatti il creativo non lo fa di professione, per lui è solo un hobby.

Dopo il racconto di Giovanna di Best Western, Paolo trova ancora modo di sottolineare come un approccio più agenziacentrico sia preferibile: avete messo nel brief che i creativi dovessero dormire almeno una notte in albergo da voi? Questo per sottolineare che anche se partecipati, questi brief debbano rispettare le buone norme in genere richieste quando invece ci si risolve alle agenzie.

Alessandro di Zooppa invece sottolinea il vero senso della community dietro a questo fenomeno: zooppa infatti, al contrario di bootb ha un approccio più aperto e rivolto ad aggregare e coinvolgere tutti i partecipanti ai propri brief e le persone di cui si occupa lui, in qualità di community manager, sono tutte quelle che in realtà i contest non li vincono, ma che sono il vero valore del sito, nonchè del suo successo.

Marco di Y&R va meno sul sottile e dice un forte no alla concezione di questo fenomeno come antagonista alle agenzie di comunicazione: non dobbiamo mettere a sistema il crowdsourcing, nè dobbiamo parlare di nuovo paradigma, il fenomeno è buono per quelli che in televisione sono i “mid night movies”, pessimi film a basso costo, con bassi budget, ma da cui a volte emergono capolavori come Eraserhead di Lynch. Il crowdsourcing come “mid night advertising”.

A mio avviso però, la parte più interessante è stata quella introdotta da Mirko Lalli, per la regione Toscana: l’approccio di un’amministrazione pubblica in modo così partecipato, con un capitolato aperto e il coinvolgimento delle agenzie interessate già a livello di brief è una strategia utile, funzionale e molto interessante, che spero venga adottata anche da italia.it e da altre realtà pubbliche.

Peccato però, che nonostante gli spunti per la partecipazione e il dibattito, il tempo a disposizione del pubblico sia stato pressochè nullo, giusto gli ultimi dieci minuti “per evitare che poi in rete dicano che non abbiamo fatto parlare la folla” e un approccio più orizzontale, dove per esempio l’ultima parola non dovesse per forza spettare a chi era seduto in cattedra. Avrei preferito un’organizzazione meno di parte e più partecipata insomma (qualcuno ha detto barcamp?), ma visto che iniziative di questo tipo non ci sono spesso bisogna comunque fare i complimenti a tutti per l’evento.

Non mi sono piaciute invece le trattenute a quelli che (giustamente) finita la conferenza volevano anche risparmiarsi le premiazioni agli alunni del corso dell’iulm e il pessimo discorso di un responsabile di Microsoft (che benchè lui ne dica, non ha dinamiche di crowdsourcing) in seguito a un racconto strappa lacrime di un genitore di un dipendente microsoft morto per leucemia che raccontava di quanto fosse umana Microsoft…

Bilancio tutto sommato positivo, ci vediamo al prossimo incontro.

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